LXXV.
…cominciai
a procacciarmi di parecchi cataste di legni di pino, le quali ebbi
dalla pineta de' Seristori, vicino a Monte Lupo; e in mentre che
io l'aspettavo, io vestivo il mio Perseo di quelle terre che io
avevo acconce parecchi mesi in prima, acciò
che l'avessino la loro stagione.
E fatto
che io ebbi la sua tonaca di terra, che tonaca si dimanda innell'arte,
e benissimo armatola e ricinta con gran diligenzia di ferramenti,
cominciai con lente fuoco a trarne la cera, la quali usciva per
molti sfiatatoi che io avevo fatti, che quanti piú se ne fa, tanto
meglio si empie le forme.
E finito
che io ebbi di cavar la cera, io feci una manica intorno al mio
Perseo, cioè alla detta forma, di mattoni, tessendo l'uno sopra
l'altro, e lasciavo di molti spazi, dove 'l fuoco potessi meglio
esalare: dipoi vi cominciai a mettere delle legne cosí pianamente,
e gli feci fuoco dua giorni e dua notte continuamente; tanto che,
cavatone tutta la cera, e dappoi s'era benissimo cotta la detta
forma, subito cominciai a votar la fossa per sotterrarvi la mia
forma, con tutti quei bei modi che la bella arte ci comanda.
Quand'io
ebbi finito di votar la detta fossa, allora io presi la mia forma,
e con virtú d'argani e di buoni canapi diligentemente la dirizzai;
e sospesala un braccio sopra 'l piano della mia fornace, avendola
benissimo dirizzata di sorte che la si spenzolava appunto nel mezzo
della sua fossa, pian piano la feci discendere in sino nel fondo
della fornace, e si posò con tutte quelle diligenzie che immaginar
si possano al mondo.
E fatto
che io ebbi questa bella fatica, cominciai a incalzarla con la medesima
terra che io ne avevo cavata; e di mano in mano che io vi alzavo
la terra, vi mettevo i sua sfiatatoi, i quali erano cannoncini di
terra cotta che si adoperano per gli acquai e altre simil cose.
Come
che io vidi d'averla benissimo ferma e che quel modo di incalzarla
con el metter quei doccioni bene ai sua luoghi, e che quei mia lavoranti
avevano bene inteso il modo mio, il quale si era molto diverso da
tutti gli altri maestri di tal professione; assicuratomi che io
mi potevo fidare di loro, io mi volsi alla mia fornace, la quale
avevo fatta empiere di molti masselli di rame e altri pezzi di bronzi;
e accomodatigli l'uno sopra l'altro in quel modo che l'arte ci mostra,
cioè sollevati, faccendo la via alle fiamme del fuoco, perché piú
presto il detto metallo piglia il suo calore e con quello si fonde
e riducesi in bagno, cosí animosamente dissi che dessino fuoco alla
detta fornace.
E mettendo
di quelle legne di pino, le quali per quella untuosità della ragia
che fa 'l pino, e per essere tanto ben fatta la mia fornacetta,
ella lavorava tanto bene, che io fui necessitato assoccorrere ora
da una parte e ora da un'altra con tanta fatica, che la m'era insopportabile;
e pure io mi sforzavo.
E di
piú mi sopragiunse ch' e' s'appiccò fuoco nella bottega, e avevamo
paura che 'l tetto non ci cadessi addosso; dall'altra parte di verso
l'orto il cielo mi spigneva tant'acqua e vento, che e' mi freddava
la fornace.
Cosí
combattendo con questi perversi accidenti parecchi ore, sforzandomi
la fatica tanto di piú che la mia forte valitudine di complessione
non potette resistere, di sorte che e' mi saltò una febbre efimera
addosso, la maggiore che immaginar si possa al mondo, per la qual
cosa io fui sforzato andarmi a gittare nel letto.
E cosí
molto mal contento, bisognandomi per forza andare, mi volsi a tutti
quegli che mi aiutavano, i quali erano in circa a dieci o piú, infra
maestri di fonder bronzo e manovali e contadini e mia lavoranti
particulari di bottega; infra e' quali si era un Bernardino Mannellini
di Mugello, che io m'avevo allevato parecchi anni; e al detto dissi,
dappoi che mi ero raccomandato a tutti: - Vedi, Bernardino mio caro,
osserva l'ordine che io ti ho mostro, e fa presto quanto tu puoi,
perché il metallo sarà presto in ordino: tu non puoi errare, e questi
altri uomini dabbene faranno presto i canali, e sicuramente potrete
con questi dua mandriani dare nelle due spine, e io son certo che
la mia forma si empierà benissimo. Io
mi sento 'l maggior male che io mi sentissi mai da poi che io venni
al mondo, e credo certo che in poche ore questo gran male m'arà
morto -.
Cosí
molto mal contento mi parti' da loro, e me n'andai alletto.
LA
VITA DI BENVENUTO CELLINI FIORENTINO scritta (per lui medesimo)
in Firenze
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